𝗖𝗼𝗺𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝗩𝗮𝗻𝗴𝗲𝗹𝗼 𝗱𝗶 𝗗𝗼𝗺𝗲𝗻𝗶𝗰𝗮 26 𝗺𝗮𝗿𝘇𝗼 𝗲 𝗿𝗶𝗰𝗵𝗶𝗮𝗺𝗶 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗦𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗔𝗿𝘁𝗲
Certamente il brano della resurrezione di Lazzaro si presenta come una delle migliori pericopi per una nostra preparazione alla Pasqua: anche qui una resurrezione pubblica, un ritorno alla vita non finalizzato solo alla gioia del defunto e dei parenti, ma offerto alla contemplazione di tutti. La fede profetica di Tommaso che vede nella scelta del Signore una premessa alla loro morte viene confermata in un versetto non contenuto nel brano da leggere domenica, in cui i capi del sinedrio decidono di uccidere Gesù perché è meglio che un uomo solo muoia piuttosto che tutto il popolo.
Se quindi la resurrezione è il concetto centrale di questa settimana diventa anche abbastanza chiaro che la resurrezione stessa non può prescindere dalla morte. Una morte risolta felicemente, ma che prelude e ne introduce un’altra a cui i discepoli e anche noi oggi dobbiamo guardare per ogni nostro riferimento.
Se la gloria di Dio risplenderà nella potenza di Gesù che fa uscire l’amico dalla tomba, condizione preliminare perché tutto questo avvenga è l’attesa di due giorni che il signore stesso compie prima di decidersi al viaggio, è la morte che mette alla prova la fede dei dodici, Tommaso e Marta che vanno oltre la logica del guardare solo a se stessi e mettono Gesù al centro.
Per tre giorni l’anima del defunto si aggira attorno al corpo, ma la morte di Lazzaro, essendone già trascorsi quattro, è ormai irrimediabile ed il pianto del Signore appare come la definitiva accettazione delle sorte di goni essere umano. Ma quel pianto è segno di amore e all’amore tutto è consentito sperare, tutte le porte sono aperte, tutti i cuori piegano le loro asperità e durezze.
Dice Nachman di Bretzlav: “Niente è così integro quanto un cuore spezzato!”. Gesù ci mostra come ad un cuore lacerato dal dolore per l’altro che soffre, tutto è consentito chiedere a Dio.
𝗖𝗮𝗿𝗮𝘃𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼, 𝗟𝗮 𝗥𝗲𝘀𝘂𝗿𝗿𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗟𝗮𝘇𝘇𝗮𝗿𝗼
E’ ancora una volta Caravaggio, il maestro che riesce ad esprimere meglio i pensieri e le domande che la Scrittura suscita nel lettore. Ancora un volta la luce della Grazia che viene dalle spalle di Cristo (come nella vocazione di Matteo) e raggiunge il suo scopo, arriva all’uomo che è morto e lo riporta in vita (Matteo alla vita di Grazia, Lazzaro alla vita tout court).
Il corpo si irrigidisce come colpito da una scossa elettrica; Maria e Marta, comprese nel loro dolore, comprendono come in ritardo quello che sta accadendo; le ossa morte che giacciono per terra rimangono inerti ad indicare che la morte non è sconfitta definitivamente.
Una morte che è evocata anche dalla posizione del corpo di Lazzaro che pur nella potenza del miracolo immediatamente richiama alla croce, all’altra morte che avverrà di lì a poco e che porterà la vita, quella vera, definitiva, la liberazione integrale per l’uomo che sarà capace di accogliere tra le braccia un corpo straziato, rimanendo aperto alla fede nella Grazia di Dio.