Conosciamo tutti questa parabola di Gesù riportata nel terzo Vangelo. La conosciamo e, spesso, pensiamo di essere immuni dal rimprovero che il Signore rivolge al fariseo. Nessuno di noi pensa di essere perfetto; nessuno si crede a posto nei suoi doveri verso Dio; nessuno dice di essere migliore degli altri. Questo succede quando siamo interpellati e ci inseriamo nella modalità razionale, una modalità in cui ci guardiamo dentro immettendo nelle nostre analisi tutta una serie di filtri e convenzioni che una lunga frequentazione di chiese e altari ci hanno insegnato ad usare.
Ma questo succede nella nostra vita quotidiana? In poche parole, quando facciamo le nostre scelte spontaneamente, quando esprimiamo i nostri giudizi senza aver inserito quella che abbiamo definito la modalità razionale, siamo davvero così? In tutta onestà, davvero ci guardiamo attorno e siamo capaci di valutare con misura e obiettività i nostri comportamenti alla luce di una perenne conversione? Eppure sappiamo che questo è ciò a cui il Signore costantemente ci chiama! Ma, ancor di più, quanto dolore proviamo per gli obiettivi errori degli altri? Certo, il Signore disprezza l’atteggiamento del fariseo perché prova in sé “la presunzione di essere giusto”, la convinzione di aver dato al signore esattamente ciò che si aspettava da lui, ma ciò che più di ogni altra cosa risulta intollerabile è la sua indifferenza ed il suo innalzarsi al di sopra del pubblicano. Sappiamo tutti che il pubblicano è un pubblico peccatore, ma un atteggiamento evangelico ci porta al disprezzo oppure al dolore per il peccato del fratello? A metterci al di sopra, oppure al suo fianco per sorreggerlo quando sbaglia?
Icona Ortodossa
Come immagine per questa domenica abbiamo scelto una icona ortodossa. Come tutti sappiamo, nell’arte orientale, tramite i colori e le figure si cerca di rappresentare, più che una storia, un concetto su Dio e sul nostro modo di vivere la fede. Questa immagine tuttavia sembra ricalcare la letteralità del testo senza aggiungere granchè alla rappresentazione tradizionale della parabola.
Ci limitiamo a segnalare però un piccolo particolare: la posa del pubblicano, frutto della autoumiliazione e della consapevolezza del peccato, sembra rivolgersi verso il fariseo più che verso Dio: non ha nemmeno il coraggio di guardare verso il Signore. Si rivolge al fratello, a quello che lui crede più giusto e, quindi, più capace di un atteggiamento di aiuto e sostegno. Il fariseo invece sembra non vederlo. Il suo sguardo è diretto unicamente verso l’apparato ecclesiale, il suo piede si poggia saldamente sopra lo scalino che lo eleva rispetto al quotidianità, e in questa postura non c’è spazio per uno sguardo verso il basso, dove il fratello sta attendendo un gesto di benevolenza.
Ed uno sguardo che esclude chi sta in basso rischia di perdere il Signore, Lui che si è umiliato fino alla morte di croce (cfr. Fil 2,5-11)