Il brano del vangelo che qui cerchiamo di comprendere è divisibile senza difficoltà in due parti: la prima in cui Gesù affronta il tema della fede, stimolato dai suoi discepoli che, di fronte all’esigenze del perdono si ritengono (forse giustamente) inadeguati ad adempiere al comando del Signore. La seconda invece mette in luce la difficoltà di compiere il dono di sè nel servizio ai fratelli. Nella prima parte la riflessione di Gesù è abbastanza evidente: “a voi che pensate di avere la necessità di aumentare vostra fede, mi viene da chiedere se nel vostro cuore ne esista anche solo una piccolissima parte (quanto un seme piccolissimo)”. Gesù sembra dire ai discepoli: “esaminate il vostro animo e chiedetevi se davvero nella vostra vita, nelle scelte che fate ogni giorno, esiste, come spinta delle vostre decisioni e delle vostre azioni, il vostro rapporto col Signore, o se, invece entrano in campo mille considerazioni, ma non quella della fede”.
Nella seconda parte un piccola situazione di vita, che probabilmente i discepoli conoscevano benissimo, viene a dare forma concreta alle parole di Gesù: la giornata di un servo non finisce al termine del lavoro nei campi; sembra quasi che il lavoro non finisca mai, che ciò che il servo fa per il suo padrone non sia mai sufficiente. Soprattutto che non esista mai il momento in cui uno possa dire a se stesso: “adesso hai fatto tutto ciò che dovevi”. E se questa riflessione, nel testo di Luca, può essere vista come una critica alla mentalità ebraica contemporanea, lo stimolo che a noi viene da queste parole non può essere certamente sottovalutato. Ma soprattutto, perché questi due brani sono stati accostati nella redazione definitiva del testo? La risposta che viene immediata è che occorre comprendere la relazione tra fede e servizio. Troppo spesso anche da uomini e donne di fede si sente dire: “adesso basta, che cosa pretende da me il Signore? Verrebbe da rispondere: “nulla di più di ciò che Lui stesso ha dato!”
Nulla di più che il farsi dono totale, servo di tutti, l’ultimo posto. Certamente questo interpella fortemente ogni cristiano, ma diventa tanto più impellente per quanti tra noi hanno ruoli di impegno e di gestione nella comunità ecclesiale. La tentazione di ritenere che ciò che facciamo sia abbastanza è sicuramente una tentazione forte. In questo brano Gesù ci dice: “guarda il tuo cuore e cercati dentro, alla ricerca di un piccolissimo segno di fede; se ve lo troverai, sarai capace di scegliere l’ultimo posto, dopo tutti, al servizio di tutti. Lì certamente mi potrai trovare.
Lavanda dei piedi di Sieger Köder
Commentiamo una immagine che forse non ha molti riscontri nella storia dell’arte vera e propria, ma che un autore ha diffuso in rete e che ha avuto molto successo nella vita ecclesiale contemporanea.
Rappresenta la lavanda dei piedi; quell’episodio narrato nel Vangelo di Giovanni al posto dell’istituzione dell’Eucarestia. Il momento è quello in cui Pietro, dopo essersi rifiutato di ricevere questo servizio dal Signore, alla fine accetta; comprende che accogliere il servizio degli altri è anch’esso un atto di amore. In questo modo può ricevere Gesù tra le sue braccia. Nell’abbraccio il volto stesso del Signore scompare, ma si rivela nell’acqua del dono, nel posto del servo. Solo in questo modo, Pietro, prima di noi e con noi, può comprendere che la grandezza si rivela solo nell’umiltà, che il potere sta solo nel servizio, che la ricchezza si manifesta unicamente nel dono.
Che il rapporto col Signore è fatto di relazione verticale, tra l’essere umano e Dio, ma anche orizzontale, nella realtà quotidiana di dono reciproco.
Certo, anche l’Eucarestia è presente nell’immagine, quasi ad unire i racconti evangelici. Sembra sovrintendere all’intero evento e manifestare quanto la sua necessità sia assoluta per il cristiano. Del cibo non possiamo fare a meno.
Preghiera, sacramento e servizio uniti in una sola immagine. È l’essenza di ciò che il Signore ci ha rivelato.