Siamo di fronte ad una parabola di Gesù che ci crea sempre un certo imbarazzo: ma come? Gesù che sembra lodare un comportamento disonesto? Conviene allora cercare di comprendere a fondo la letteralità del testo. Siamo di fronte ad un amministratore che sta sperperando i soldi del padrone e che quindi viene cacciato. Non ci si pone il problema se sia vero oppure no ciò di cui l’amministratore viene accusato, ma la qualifica di disonesto che gli viene attribuita sembra non lasciare dubbi. Ci si concentra invece su ciò che decide di fare per risolvere il suo problema, ed è qui che il suo atteggiamento viene qualificato come scaltro, non come disonesto.
Infatti, le correzioni che apporta alle lettere di debito dei suoi interlocutori non costituiscono un furto, ma al contrario la rinuncia alla sua commissione, al denaro che avrebbe ricavato per sé da prestito del denaro del suo padrone. Ed i debitori ovviamente gli saranno riconoscenti! Si procura quindi le condizioni per poter trovare una accoglienza benevola nel mondo fuori dal suo lavoro precedente tramite una rinuncia! La rinuncia al guadagno. Occorre quindi separare nettamente la disonestà dell’amministratore che viene severamente rimproverata e la sua scaltrezza, il suo “saper stare al mondo” che, contrariamente a ciò che comunemente si pensa passa attraverso una rinuncia al guadagno, per un vita serena successiva.
Diventa chiaro allora il senso della parabola, la lode del Signore che addita l’amministratore come esempio da seguire non certamente nella disonestà, ma nell’atteggiamento di distacco verso il denaro. Le relazioni verso gli altri avranno sicuramente il sopravvento per una vita migliore rispetto all’egoismo bieco e ottusamente cieco.
Vocazione di San Matteo – Caravaggio
Non è possibile dimenticare il bellissimo quadro di Caravaggio quando si parla di denaro e di persone che dal denaro traggono la loro fortuna, ma che in esso trovano spesso anche la loro perversione. Matteo non è un amministratore, ma un pubblicano, un ladro autorizzato dal malgoverno romano, incaricato di riscuotere le tasse per l’oppressore straniero. Ma qui viene rappresentato esplicitamente ciò che il brano evangelico suggerisce in modo un po’ implicito: la rinuncia al denaro per trovare la salvezza. In questa immagine il messaggio è chiarissimo: la mano del Signore che indica Matteo, proiettata dalla luce della Grazia che illumina la scena (non c’è nessuna luce proveniente dalla finestra, ma solo dalla mano del Cristo che porta la luce di Dio). Matteo riceve la chiamata di Gesù e chiede se riguarda proprio lui, ma questo non accade per gli altri seduti attorno allo stesso tavolo; sono occupati a guardare il denaro. Per loro non c’è spazio per altre cose, un po’ di denaro e tutto il resto si oscura. Come dice il salmo: “L’uomo nella prosperità non comprende; è come l’animale che perisce!”