Siamo di fronte al cap.15 del Vangelo di Luca, la scriba della misericordia di Cristo, tutto dedicato a ciò che comunemente chiamiamo il concetto di “perdono”. Eppure se guardiamo al testo il Signore ci dice qualcosa di più; appare quel sentimento a cui lo stesso Papa ha dedicato un intero anno di preghiera riflessione, la “misericordia”. Anche questa forse parola non altrettanto significativa dell’ebraico “rachamim”, la misericordia, l’amore, ciò che nelle capita all’interno di una madre quando vede i propri figli nei loro successi e gioie, ma anche se soprattutto quando invece sbagliano e si allontanano da casa. Gesù ci mostra un padre materno, in questo senso, un padre che vede il ritorno del figlio, cioè “sta alla finestra” e aspetta ogni giorno che accada ciò che spera e ciò per cui prega.
Va oltre la legittima rivendicazione del padre tradito, perché una cosa sola conta, il ritorno del figlio; va oltre la gretta giustizia invocata dal figlio maggiore, perché lui sa che occorre amare i propri figli nel momento in cui se lo meritano di meno, perché è allora che ne hanno più bisogno.
I nostri riferimenti alla cosiddetta parabola del “figliol prodigo” non deve farci dimenticare le altre due immagini del pastore e della donna di casa che pur occupando uno spazio minore non possono certamente essere giudicate insignificanti. Nel complesso dell’immagini Luca ci presenta un Cristo che ci richiama ad un dovere preciso: il cristiano, la chiesa, le comunità non possono occuparsi soltanto dei presenti, che magari poi le potranno rimproverare comunque una scarsa attenzione o affetto, ma primieramente dei perduti, degli assenti, degli smarriti. E quando non lo fa la protesta del figlio maggiore diventa giusta e giustificata: “accetto che tu non mi abbia donato una pecora perché impegnato nella ricerca e nell’attesa di mio fratello. Altrimenti sarai soltanto un padre disattento!”.
“Il Figliol prodigo” – Rembrandt
Non potevamo esimerci dal commentare, a partire dal brano di Lc 15, questo splendido dipinto di Rembrandt, dedicato proprio al tema del “ritorno del Figliol prodigo”. Siamo nel momento più alto del perdono, dell’accoglienza di un padre che abbraccia il figlio, in ginocchio, lacero e sporco, di fronte al fratello che sguarda un po’ sdegnoso e ad altre due figure non identificate.
Ma il figlio privo di capelli, calvo come un bambino appena nato, indifferente al pubblico, rinasce tra le braccia del padre, non più peccatore, ma accolto come una nuova vita che arricchisce una famiglia; perduto e ritrovato, oltre ogni speranza. Tra le braccia del padre, ma che appaiono con una mano maschile e una femminile; siamo davanti un Dio che va oltre tutto, che comprende in sé ciò che padre e madre insieme, sanno provare di fronte alla gioia di un “povero Cristo” che, incapace all’inizio di accogliere il loro amore, ha bisogno di “morire” per poter rinascere a nuova vita.